(di Vincenzo Gaudino*) La notte dell’8 dicembre 1977 un impianto del petrolchimico di Brindisi esplose. La rottura di un tubo che non era del materiale necessario provocò una fuga di etilene, un gas infiammabile, e l’impianto saltò in aria. Morirono i lavoratori Carlo Greco, Giovanni Palizzotto e Giuseppe Marulli e furono gravemente feriti altri 57 operai, moltissimi altri in modo più lieve. Sulla città si sparse una quantità imprecisata di sostanze tossiche e nocive che negli anni successivi avrebbero fatto ammalare e morire altri inconsapevoli cittadini. Nei successivi 20 anni aumentarono a Brindisi i tumori del sangue, leucemie e linfomi, i tumori della vescica e del polmone soprattutto negli uomini. Anche nei decenni successivi fino ai nostri giorni è stato recentemente provato che una quota di malattie e morti sono attribuibili agli inquinanti industriali e che a farne le spese sono i più poveri. L’associazione “Vite Inquinate è composta da persone che si sono ammalate di malattie probabilmente dovute all’inquinamento ambientale e da loro parenti. Nel quarantesimo anniversario dell’esplosione del P2T abbiamo voluto ricordare questo gravissimo evento e le sue tragiche conseguenze sulla vita e sulla salute di tanti cittadini, nell’immediato e negli anni successivi, perchè quando si lavora non si deve perdere la vita, perchè il lavoro e la salute non devono essere contrapposti, perchè il lavoro deve servire a vivere e la salute non può essere subordinata la profitto. Non lo diciamo noi ma lo dice la Costituzione Italiana, l’art. 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
*presidente dell’associazione Vite Inquinate.
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