(di don Pietro De Punzio, vicario foraneo, nella foto) Crisi economica. Crisi di Governo. Crisi di futuro. Crisi di valori. Pare che tutto sia destinato al crollo definitivo, che sia tutto da buttare. Le cronache di questi giorni ci feriscono: violenze sulle donne, sui bambini, strutture carcerarie disumane, guerre, catastrofi naturali. È ancora impresso negli occhi e nel cuore l’attentato del 19 maggio alle ragazze dell’Istituto Professionale di Stato “Morvillo Falcone”, che ha causato la morte di Melissa Bassi e il ferimento di Veronica, Vanessa, Selena, Azzurra, Sabrina, e che ha suscitato sdegno per l’efferatezza del gesto criminoso.
Spesso, poi, la giustizia è una maschera buffa, la solidarietà un termine devastato dall’abuso, la pace uno slogan urlato.
A questo panorama non possiamo non aggiungere gli avvenimenti della nostra vita. Noi globali, ininterrottamente connessi con il mondo, chiusi in casa a comunicare con uno schermo piatto; che abbiamo bisogno di apparire per valere; che abbiamo bisogno di vedere e toccare per credere; che facciamo del bene, salvo che al nostro vicino più prossimo; che ammiriamo la natività, ma senza adorarla.
I profeti di sventura urlano che ormai siamo allo sfacelo universale e definitivo, che non c’è via di ritorno ad un benessere sociale e spirituale.
Se questo è lo scenario, possiamo avere l’audacia di guardare al futuro con un certo ottimismo? C’è una prospettiva che può incoraggiare? Si! In un comune sforzo di coesione, solidarietà e partecipazione, l’utopia si trasfigura in realtà. Occorre avere il coraggio di riscoprire la nostra vera dimensione di esseri umani, vicini e accanto a chi vede tutto nero nella propria vita, a chi ha perso la fiducia in se stesso, negli altri e nelle Istituzioni. Stringendo un patto fraterno, prendendosi cura l’uno dell’altro, benedicendo senza maledire, si trasforma la nostra vita e quella degli altri. Solo incontrando l’altro scopriremo che la vita è bella e vale la pena viverla in pienezza.
Mi rendo conto che forse avrei dovuto tacere perché, nella notte che segna la storia, è il silenzio a parlare. Un silenzio abitato dall’amore di un Dio che non ha scelto di farsi strada ma ha scelto di farsi uomo, puntando sulle sue creature, senza tener conto delle fragilità, dei limiti e del peccato e, “nonostante il tentativo di cancellare il nome di Dio dalla storia, la sua luce continua a risplendere sull’umanità attraverso Cristo” (Benedetto XVI). Buon Natale alla Città.
IL SILENZIO……..SAREBBE STATO PIU’ PROFETICO…….LE PAROLE ORMAI …………..