(di Maria De Guido) Appeso alla porta interna della saletta, quella attigua al vecchio salone, un cartello recitava proprio così: “si avvisano i genitori che quando i ragazzi giocano a ping-pong si scocozzano i morti!”. Quel cartello è rimasto appeso a lungo a Mesagne, un paese alla ricerca di un’identità almeno somigliante a quell’Italia protesa verso il boom economico che era seguito al secondo dopoguerra. Sarebbero invece arrivati gli anni Ottanta – ancora tutti agricoltura e malavita – e poi i Novanta, quelli della voglia di riscatto e dei grandi progetti di restauro. La Parrocchia di Santa Maria è stata a lungo un’affollata meta pomeridiana e serale per giovani e giovanissimi. E parroci come don Saverio, dopo, non ne sono arrivati più. Non con lo stesso senso della “missione”, in quel vasto quartiere che per per decenni ha incluso tantissimi giovani e almeno tre generazioni di mesagnesi. Si trovava sempre un prestesto per “passare dalla chiesa” o dalla sagrestia, allora. Che poi, alla messa, non si era mai tenuti ad assistere per forza. Si poteva anche fare su e giù dal salone di ingresso o da quello delle riunioni. Serviva il tempo per raccontarsi i primi amori, i compiti in classe,le prime passioni civili. E per tossire col primo tiro di sigaretta fumata di nascosto. Non si negava nulla ai giovani di Santa Maria. Purchè rimanessero lì. Anche perché, andare dove per fare che cosa? Magari giocare a calcetto o a pallavolo, passando dal glorioso Csi locale. I primi pub sono arrivati dopo, anche quelli; per consumarvi una coca o una crepe e rimanervi fino a tarda ora solo la sera del giovedì santo, quando si finiva l’uscita per il giro sempre dispari ai Sepolcri. Ogni sabato era dedicato agli incontri tematici col gruppo di coetanei: aborto, divorzio, guerra. La politica, senza che nessuno ne comprendesse ancora bene il perché, accendeva i primi animi. Non era concessa la benedizione a qualunque credo ma a nessuno era negato il tempo per esprimerlo. Don Saverio Martucci ci ha lasciato sei anni fa, nel giorno in cui a Mesagne ricorrono i festeggiamenti per la Madonna del Carmelo. E con lui deve averci abbandonato un po’ anche quell’idea di comunità che nelle parrocchie ha fatto crescere ragazzini sottratti alla strada e alla solitudine. Solo a chi almeno una volta non ha cantato “siam peccatori ma figli tuoi, Addolorata prega per noi” – a notte fonda, dopo i Misteri del venerdì santo – questa storia è un po’ più difficile da raccontare.
Concordo pienamente ogni parola scritta. Don Saverio, un vero sacerdote. Il suo dolce chiamarti “sorella” mi suona ancora nelle orecchie.