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Don Francesco Caramia (nella foto), 42 anni, mesagnese, ex parroco della chiesa di San Giustino de’ Jacobis di Brindisi, arrestato dai carabinieri il 15 giugno 2016 e attualmente ai domiciliari in una comunità religiosa, nell’ultima udienza del processo (che si svolge a porte chiuse), ha
parlato per oltre un’ora. “Non ho mai sfiorato i ragazzini che venivano in chiesa, non ho fatto del male a nessuno dei miei chierichetti: sono innocente”. Don Francesco è accusato di atti sessuali compiuti su un chierichetto di 9 anni tra il 2007 e il 2008. La mamma del ragazzino ne parlò al pediatra di famiglia che denunciò l’accaduto. I difensori di don Francesco, gli avvocati Giancarlo Camassa e Rosanna Saracino, avevano chiesto di ascoltare ben 55 persone, tra cui il vescovo Domenico Caliandro ed i predecessori, Rocco Talucci e Settimio Todisco. L’avvocato di parte civile, Carmela Renna, che rappresenta la madre del chierichetto, invece aveva chiesto di ascoltare don Giampiero Peschiulli, l’ex parroco della Chiesa della Pietà di Brindisi, anche lui arrestato e condannato in Appello a 3 anni e 8 mesi (ma intende ricorrere in Cassazione) con accusa identica a quella mossa contro don Francesco Caramia. Il Tribunale (collegio presieduto da Gienantonio Chiarelli) ha rigettato la richiesta di ascoltare i vescovi, ha ridotto i testi richiesti dalla difesa e, inoltre, ha ritenuto non necessario ascoltare don Peschiulli, colto da malore in occasione dell’ultima udienza. Nel fascicolo del processo sono state depositate le conversazioni ambientali intercettate nell’inchiesta sull’ex parroco don Peschiulli nelle quali si faceva riferimento a situazioni particolari all’interno di alcune chiese e si faceva espresso riferimento alla parrocchia del rione Bozzano. Il pm Milto Stefano De Nozza, in vista della prossima udienza, ha depositato le conclusioni di una nuova perizia sul computer di don Francesco nel quale sono state trovati file contenenti foto che, per l’accusa, costituiscono un’ulteriore fonte di prova di colpevolezza, in aggiunta alle conversazioni intercettate nel periodo dell’inchiesta, quando don Caramia era indagato a piede libero essendoci stato il sequestro del computer, del tablet e dei telefonini, e ai messaggi scambiati in chat. Su tutto questo materiale il Tribunale ha già disposto una perizia.
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