(di Enzo Poci, Società di Storia Patria per la Puglia) Come ho scritto in alcune altre occasioni, da molti anni continuo a ricevere richieste di chiarimenti, a voce o per via telematica, sul generale Giovanni Messe (1883-1968). Richieste di spiegazioni, appunto, ma anche notizie storiche, poiché le persone da cui esse provengono sono colte e bene informate, in alcuni casi specialisti della materia interessati alla figura del nostro concittadino, protagonista riconosciuto dei due conflitti mondiali, celebre sul piano internazionale e ben ricordato nelle pagine della storia contemporanea.
Nato e vissuto a Mesagne fino all’età di diciotto anni, egli ritornava nella sua terra tutte le volte che gli era consentito dagli impegni militari, e più tardi da quelli politici. Tutti domandano come mai la sua città non ha inteso dedicare una piazza, una strada o una stele alla sua memoria. Quali crimini verso la sua nazione o verso l’umanità, quali infamie contro la storia e quali misfatti bellici sono contestati ad un soldato che ha obbedito con valore agli ordini ricevuti, quali oscure trame sovversive sono ascritte ad un ufficiale che – per quanto alla nostra conoscenza – mai ha impartito ordini contrari al diritto delle genti o al dettato dell’umana coscienza, mai si è lamentato, una baionetta levata in aria, che sui fronti italiani si ammazzasse troppo poco? Quale colpa condanna alla dannazione della memoria, e del silenzio amministrativo, un servitore del regio esercito che, in una guerra ordita da altre volontà, errata ed orrenda, è rimasto a lottare in testa ed al fianco dei suoi sottoposti – al contrario di un suo parigrado – per dividere le loro sofferenze ed il loro destino sacrificato, motivandoli e mantenendoli uniti, con una sola missione ferma nel cuore e nella mente: riportarli a casa vivi, nel maggiore numero, dal gelo e dal ghiaccio inesorabile dell’inverno russo, salvando il loro decoro di soldati e di uomini.
Unisco questi brevi appunti, oramai datati, alle riflessioni contenute nella missiva, breve ma densa di afflato e di cultura, che ho ricevuto nello scorso mese di aprile dal dottore Giuseppe Vollono, Questore in riposo, da molti anni residente in Milano, una persona squisita, che le vicende fortunate della vita mi hanno permesso di conoscere durante le mie frequentazioni della Biblioteca Sormani della città meneghina. Ho scelto di ritardare la pubblicazione fino alla data odierna, e per questo mi scuso con il suo gentile autore.
Caro Enzo, nel corso dei miei studi sulla storia della seconda guerra mondiale, a te noti, mi sono imbattuto in alcune interessanti considerazioni sulla campagna di Russia, della storica Maria Teresa Giusti, riferite alla nobile figura del tuo illustre concittadino Giovanni Messe. Ho pensato di inviarti alcune pagine del libro in modo che tu possa rilevare “in originale” le considerazioni che la storica fa del personaggio. È interessante rilevare come, in un periodo di annullamento della personalità e di conformismo per essere in linea con quella che era considerata la “volontà suprema”, il generale Messe potesse assumere una posizione che rispondesse non ai dettami del regime ma alla sua coscienza non compromettendo, quindi, la sua forte personalità. Ho trovato molto interessanti le pagine perchè rilevano un Messe non propenso vero i Tedeschi in un’epoca di adeguamento conformistico agli indirizzi politici dell’epoca. Particolarmente significativo lo stralcio del Diario di Ciano riportato a proposito del cambio del comandante per l’ARM.I.R. Va considerato che il generale Messe, in quel contesto storico, rappresentò la “voce della coscienza” e se le sue relazioni – come credo – siano state lette da Mussolini, rappresentarono di certo una reprimenda a chi, dimentico dei valori della civiltà latina, aveva, con un’alleanza innaturale, prostituito il popolo italiano per portarlo verso la barbarie e l’oscurantismo. Il generale Messe, figlio della nobile terra di Puglia, superando gli schemi dettati dal tempo, espresse, con insolito coraggio, lo sdegno dei comportamenti dell’alleato non solo sul piano materiale ma finanche sul piano politico dimostrando una lungimiranza ed un’ampiezza di analisi che superava il suo compito strettamente militare. Non dimentichiamo che un suo pari grado, nei Balcani (non cito il nome per amor di Patria), inviava ai suoi soldati una circolare nella quale sosteneva che “si ammazza troppo poco”. Ecco perché, conoscendo il tuo meritorio impegno divulgativo sulla storia del territorio, ho pensato di inviarti in originale alcune pagine del libro perché ne possa rilevare, in un giudizio storico a distanza dagli avvenimenti, l’impostazione etica del generale Messe nel contesto bellico. D’altronde sento il piacere di mantenere, in questa circostanza, un riferimento affettivo alla tua Terra per il periodo di vita professionale vissuta intensamente quando, fra il 1979 e il 1981, ho diretto la Polizia di Frontiera degli Scali marittimo e aereo di Brindisi e partecipai, con un gruppo di amici locali, a titolo personale sacrificando una settimana delle mie vacanze, ai soccorsi alle popolazioni colpite dal sisma, sistemando un campo a Muro Lucano coordinato dall’emittente televisiva locale “TRT” sita in via Belgio. Prima di concludere ti segnalo, sempre a completamento della personalità del Maresciallo Messe, un interessante libro scritto da un ex Ufficiale del Regio Esercito, Paolo Colacicchi, edito da Mursia nel 1977, (“L’ultimo fronte”) che ho letto anni fa. In esso emerge la statura morale e militare del Maresciallo Messe quando, con l’Esercito ormai sconfitto, fu costretto alla resa in Tunisia e incontrò il suo omologo britannico Montgomery. Ricordo che questi, fra le prime cose, gli chiese chiarimenti sulla prima battaglia del Mareth svoltasi in marzo, risoltasi non certo vittoriosamente per gli Inglesi per una mossa geniale di Messe che riuscì ad evitare la manovra a tenaglia di Montgomery. Carta topografica alla mano Messe spiegò, come un docente di tecnica militare, le manovre realizzate per sganciarsi combattendo. Certo è che Montgomery, borioso e spavaldo se non scostante nella prima fase, tanto da determinare l’allontanamento del generale neozelandese Freyberg presente alla scena, la sera, evidentemente ricredendosi e realizzando che aveva di fronte un personaggio di alto profilo, dignitoso ed austero anche nella sconfitta, lo invitò a cena conversando amabilmente con Lui. Concludo esprimendo a te ed alla Città il mio apprezzamento e la mia alta considerazione per annoverare, fra i cittadini del passato, un così eminente personaggio, pressoché ignorato nell’immediato dopoguerra, evidentemente perché era un personaggio “d’altri tempi” che emergeva, con la sua statura morale, nella mediocrità imperante. Certo è che personaggi di quella tempra e di quel livello morale vanno additati alle future generazioni perché rappresentino un punto di riferimento e di ammirazione e costituiscano le fondamenta etiche di un popolo. Un cordiale saluto e, a presto! Peppino Vollono
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