La situazione è ormai esplosiva. I lavoratori dell’Adi non sono più disposti ad attendere. Cinque mesi senza stipendio sono troppi. “Stipendio? – dicono – Sarebbe più esatto dire elemosina”. Perché c’è da sottolineare che i lavoratori dell’Adi (assistenza domiciliare integrata) per venire incontro alle difficoltà avevano già accettato di ridursi lo stipendio. “Stiamo parlando di rimborsi che si aggirano attorno alle 300-400 euro”, aggiungono. I lavoratori, loro si, sono stati disponibili a ridursi gli emolumenti. Non solo. Pur senza stipendio da 5 mesi, non hanno mai interrotto il servizio ritenuto essenziale. Quando si dice responsabilità. Perché a pagare di questa situazione sono solo loro e gli utenti, gli assistiti, chi ha gravi problemi di salute e vive allettato o su una sedia a rotelle.
Ieri questi lavoratori, accompagnati dai loro dirigenti sindacali, hanno occupato (per la terza volta) l’aula consiliare del Comune di Mesagne. Sono stanchi. Arrabbiati. Sfiduciati. E pretendono di avere una risposta subito, immediata. “Chi ha sbagliato deve pagare”, gridano. Siamo alle solite. Se sbaglia il cittadino, deve pagare. Se sbagliano nel Palazzo, non succede mai nulla. Anzi accade che le conseguenze degli errori le debbano pagare i cittadini. E allora, basta. “Perché noi abbiamo da pagare il mutuo, le bollette, l’affitto di casa, il carburante per muoverci, per andare dai nostri pazienti”. Mesagne è l’unico comune dell’ambito che non ha responsabilità. Per far fronte alla mancanza di risorse, ha slacciato i borsoni del suo bilancio. E gli altri Comuni. Solo promesse. E zero fatti. I prossimi passi? “Ci rivolgeremo alla Procura della Repubblica perché faccia luce, perché dia un volto a chi probabilmente non ha saputo gestire i soldi pubblici. Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. Scoperchiamo questa pentola bollente. Se ci sono problemi interni all’Ambito vengano fuori, li risolvano perché non ricadano sui lavoratori. Che aspetta la Prefettura ad intervenire?”.