Giovanni Vantaggiato si arrende alle 22.20 di mercoledì sera. A quell’ora, nella Questura di Lecce, dove si trovava da ore sotto torchio, ammette:
“Intendo rispondere. È vero che sono stato io a collocare l’ordigno e a farlo esplodere nei pressi della scuola Morvillo Falcone di Brindisi la mattina del 19 maggio scorso…”. Le poche parole che seguono, descrivono con freddezza e lucidità l’attentato. “Non ho una vera ragione”, dice Vantaggiato. Ho acquistato il telecomando da un impiantista da me scelto sulle Pagine Gialle, un impiantista che si trova in un paese tra Copertino e Maglie, non ricordo esattamente il nome del paese”. Un caso la scelta dell’obiettivo: “Non ho una ragione specifica per la quale ho scelto sia la città che il posto. La scelta del luogo è stata del tutto casuale. E l’ho fatto perché ce l’avevo con il mondo intero e, nello specifico, perché prima si lavorava e si guadagnava mentre adesso questo non succede più. Ho fatto esplodere la bomba in un punto di passaggio delle persone ma non avevo nulla contro di loro, in quanto non avevo un obiettivo ben preciso. La mia voleva essere solo una forma di protesta e quando ho premuto il telecomando ero convinto che non passasse nessuno”.
Il pentimento però non arriva: “Ho sbagliato a fare quello che ho fatto ma non avrei mai confessato. Se non foste venuti voi a prendermi, non sarei mai venuto da voi a costituirmi. La fifa era troppa”.
Il telecomando, che non è ancora stato ritrovato, sarebbe stato buttato sulla via del ritorno: “Avevo lasciato la macchina parcheggiata in via Oberdan e quando sono scappato ho buttato il telecomando lungo la strada per Lecce, poi sono tornato a casa e ho fatto finta di niente, ho pranzato regolarmente”. Vantaggiato dice di “non aver notato che c’erano le telecamere” del chioschetto. La mano in tasca, che aveva fatto ipotizzare un handicap, è in relatà frutto di un piccolo trauma giovanile: “La verità è che da bambino, mentre giocavo, i miei compagni per scherzo mi infilarono un ferro in questa mano e da allora, quando non serve, la metto in tasca”.
“Come ho fabbricato la bomba”. “Ho collocato l’ordigno nella notte tra il 18 e il 19 maggio. Ho trasportato il bidone, che avevo rubato a San Pietro in Lama, all’interno della Fiat Punto bianca intestata a mia moglie e così pure, sempre all’interno della Punto, le tre bombole che avevo rubato qualche tempo addietro, con tutto il materiale necessario per confezionare il meccanismo d’innesco. Una volta giunto a Brindisi mi sono fermato in via Palmiro Togliatti, ho scaricato il bidone ed ho caricato al suo interno le 3 bombole e lì ho effettuato i collegamenti. A quel punto ho trasportato il bidone munito di ruote percorrendo il marciapiedi di via Togliatti per poi svoltare verso la scuola”. Le bombole erano svuotate di gas, quindi più leggere. “In ogni singola bombola ho messo circa 10 chili di polvere pirica, comprata in più occasioni da vari rivenditori della provincia di Lecce”. A quanto ricavata dall’acquisto di fuochi d’artificio. “Per l’innesco ho utilizzato una centralina collegata ad una batteria, che ho acquistato dalla ditta Greco sulla via per Nardò. La batteria a sua volta era collegata con tre coppie di fili elettrici avvolti intorno alla resistenza di 3 lampadine da 12 volt a cui avevo rimosso il vetro di copertura e che poi avevo inserito all’interno di ognuna delle 3 bombole. Una volta dato l’impulso con il telecomando, la centralina riceve il segnale e lo trasmette alla batteria, la quale dà l’impulso elettrico ai fili che incendiano la resistenza che a sua volta dà l’innesco alla polvere pirica. La mattina dopo sono tornato davanti alla scuola con la mia Hyundai Sonica e ho parcheggiato nei pressi. A piedi ho fatto un primo passaggio davanti al chiosco e verso le 8 meno 20 ho premuto il telecomando”.
I complici. Resta l’incognita di possibili complici o mandanti. Avvalorata dal fatto che Vantaggiato, durante l’interrogatorio, ha usato spesso il “noi”. Una pista, quella di altri responsabili, riconosciuta ufficilamente dagli inquirenti nel decreto di fermo: “In sede di interrogatorio Vantaggiato ha ammesso la sua diretta partecipazione all’azione criminale, ma non ha voluto indicarne il movente, mantenendo un atteggiamento tendente evidentemente ad occultare il concorso di altri”.