Comunicato del Pd di Mesagne – “Gli operai della Fiat sono uomini in carne ed ossa” scriveva Gamsci nel Maggio del 1921, quando quei lavoratori dopo aver resistito un mese scioperando decisero rientrare in fabbrica a lavorare. Non fu un tradimento ne un rinnegamento delle ideologie rivoluzionare al tempo, nemmeno una sconfitta. Quegli operai sapevano di lottare non per se ma per tutta la massa operaia d’Italia, sapevano di essere isolati eppure resistettero un mese. Oggi non c’è Gramsci, non ci sono le classi, chi ha bloccato Taranto non è solo un operaio, in tanti casi è un ingegnere. A loro in questi anni chi ha parlato con sincerità? Non pensiamo siano stati sinceri i signori della Proprietà, altrettanto pensiamo degli ambientalisti che oggi esultano nonostante il dramma di quei lavoratori, di quei padri. Non può esserci sconfitta per chi protesta difendendo il suo lavoro, sapendo che ciò allo stesso tempo può compromettere la propria salute e quella dei propri figli. Loro non rappresentato se stessi, ne gli abitanti del rione tamburi “arrugginito” negli anni, svuotato, dove vivere significa barricarsi in casa da una certa ora in poi. Loro in queste giornate rappresentano un Paese, spesso bloccato dall’ipocrisia, da ideologie portate all’ennesima potenza e da non curanza di chi cumula il proprio profitto sulle spalle di decine di migliaia di persone, di una città. Dall’incoscienza di chi guarda agli standard del progresso come una cosa di cui si devono occupare gli altri. Dalla superficialità di chi pensa che l’industria sostenibile sia una cosa da Europa e non da Sud del Sud del mondo, dove morire di lavoro si può, dove potrebbe bastare una mazzetta per rendere le perizie sostenibili. Pensare oggi di chiudere l’Ilva significa rinunciare al pezzo più importante del comparto siderurgico in Europa, significherebbe farlo in favore di chi già cresce e continuerebbe a crescere, perché ha capito che lo sviluppo non è più tale se non è sostenibile. Oggi noi cosa abbiamo capito dopo che mettiamo a rischio il lavoro 11500 persone e allo stesso tempo gli raccontiamo che a Taranto i tumori sono aumentati del 600% negli ultimi cinque anni? Abbiamo capito che è mancata la politica, una classe dirigente in grado di immaginare il proprio territorio, capace di portare un’idea di sviluppo che non fosse deleteria per migliaia di persone. In Europa non c’è spazio per chi decide di concentrarsi sulla quantità del guadagno e non sulla qualità della vita dei lavoratori e dei cittadini. Non c’è spazio per i capitalisti che hanno fermamente condannato il centralismo democratico e attendono inerti l’aiuto dello stato, minacciando gli enti pubblici e ricattando chi rischia ancora la vita pur di lavorare. A Taranto oggi c’è la fotografia più amara di questo Paese, portare in piazza i lavoratori per difendere cosa? Il diritto al lavoro? Quello alla salute? Possiamo ancora pensare di vivere in una terra che ne garantisce uno escludendo l’altro? La crisi che oggi ci attanaglia non è solo di natura economica ma soprattutto culturale, non si può più andare in piazza per difendere due diritti l’uno contro l’altro ma sanciti entrambi dalla stessa Costituzione . Ciò che è peggio questa crisi diventerà sempre più della democrazia nella misura in cui quella massa di lavoratori diffiderà delle classi dirigenti che non ascoltano più, che spesso non parlano più di questioni e non studiano la società con gli occhi di chi vive un disagio. Oggi manca l’analisi, noi dobbiamo preoccuparci prima di tutto di fare quella. Bisogna cominciare a farla anche a qualche chilometro da Taranto cioè a Brindisi dove i risultati di alcuni studi ci informano della presenza di patologie in percentuali superiori alla media europea. Ma anche qui non si faccia dell’ideologia l’unica bandiera, manca l’analisi è li che bisogna concentrarsi. Di questo parleremo in altre occasioni, oggi c’è spazio per la solidarietà a quei lavoratori che non si sono arresi allo strapotere dell’Ilva ma si sono preoccupati di difendere il loro avvenire, sono gli unici vincitori di questa triste vicenda. Gramsci chiudeva cosi il suo racconto sugli operai della fiat: “Hanno fatto quanto è dato fare a uomini di carne ed ossa; togliamoci il cappello dinnanzi alla loro umiliazione perchè anche in essa è qualcosa di grande che si impone ai sinceri e agli onesti.
Ilva: a quei lavoratori chi ha parlato con sincerità?
Post precedente
Cinema in scaletta
Iscriviti
0 Commenti