L’esperienza Molfetta al capolinea: sarà l’argomento dei prossimi giorni, sappiamo anche che a breve si parlerà d’altro. Comprendo e rispetto l’affetto dei sostenitori del sindaco e so però anche bene, quanto loro e quanto lo stesso sindaco in carica, che le ragioni della politica – e del governo della città – obbligano a pensare oltre. Pur nella sua complessità, si può dire che quella ancora in corso sia stata una buona esperienza di governo? Non entro nel merito – non saprei – guardo al generale, come la maggior parte dei mesagnesi. Più volte sono cambiate le pedine: avanti quest’assessore, indietro quell’altro, il risultato non è cambiato. Lo stallo amministrativo c’è e si vede tutto: da abile oppositore politico, Pompeo Molfetta se ne sarebbe accorto da tempo; in altra veste, lo avrebbe denunciato e avrebbe chiesto altro per Mesagne. Odierno e inesorabile artefice dello stallo – piaccia o no, il primo cittadino è sempre il primo responsabile di incombenze ineludibili, inclusa la leadership della sua maggioranza, in Consiglio comunale e fuori – è proprio il sindaco Molfetta. Cambiata più volte la squadra, se l’armonia necessaria per continuare a governare non si ritrova, l’ultima carta è cambiare il sindaco. Non è una sciagura nè una vergogna: altri sindaci perbene e altri bravi amministratori hanno interrotto anzitempo l’esperienza. E non sono sempre i ‘migliori’ a finire. All’immobilismo è da preferire una buona gestione tecnica, il Commissario prefettizio per intenderci, prima di ridare la parola all’elettorato. E se tra le virtù di un sindaco è lecito specificare l’onestà, un pregio altrettanto gradito potrebbe essere quello di riconoscergli un buon carattere (chi scrive non se lo riconosce affatto; men che meno ne ho avuto sopportando la tensione delle pubbliche cariche). Senza indugiare neppure un secondo su questi temi diamo per certi onestà ed empatia del sindaco, che è pure uomo di mondo e delle istituzioni. Pompeo Molfetta conosce bene le regole. Conosce anche quelle che non si possono condividere fino in fondo quando obbligano a mettere in discussione il deludente risultato che, forse pure con ogni sforzo, si è ottenuto.
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