“L’incuria e l’inciviltà stanno distruggendo la storia di un popolo”. Franco Bianco, 64 anni, giardiniere e “appassionato della ruralità” – come ama definirsi -, vive ogni giorno questa drammatica realtà. Ore e ore, giorni interi, in giro per tastare “palmo per palmo” il territorio in agro di Mesagne. Non solo. Ama profondamente il Salento e, spesso, si sposta sino a Santa Maria di Leuca, per osservare, studiare, analizzare la storia e la civiltà dei popoli che nei secoli hanno vissuto in queste contrade.
A tre chilometri e mezzo da centro urbano di Mesagne, proseguendo per la strada provinciale per Torre S. Susanna, si inoltre per la contrada Viscigli. Su un’area vasta 160 tomoli ci sono i resti della masseria Capitano Don Pietro. Proprio nei giorni scorsi i carabinieri hanno recintato e posto sotto sequestro giudiziario la struttura in quanto i fabbricati sono pericolanti. “Questo era un vero e proprio villaggio rurale del XVI secolo – dice Franco Bianco -. I proprietari erano gli ederi Fiordaligi, nobile famiglia mesagnese. Attualmente è di un professionisti torrese. All’interno della struttura c’era tutto: qui si nasceva, si cresceva, si sposava e si moriva. Per il battesimo e i matrimoni arrivava il prete dal paese”.
Il so è un grido di allarme. “Si può restare insensibili dinanzi a simile barbaria?”. Ammassato c’è di tutto: lastre di amianto, campioni di mattoni, materiale edile, elettrodomestici in disuso, copertoni bruciati. “Le istituzioni locali sanno che qui ci sono le nostre radici? Si può distruggere la storia di un popolo? Eppure Mesagne è una città che vanta discendenze dai Messapi”.
Il discorso si allarga. “Bisogna far innamorare i nostri giovani. Sono loro il nostro futuro. Portiamoli qui e resteranno affascinati dalla storia dei loro avi. Solo loro potranno evitare questo continuo scempio che sta distruggendo la storia di un popolo. Devono essere loro le sentinelle del territorio imbarbarito dalle distese di impianto fotovoltaici quando, invece, si potrebbe inventare il turismo ed evitare che fuggano lontano dalla nostra città”.
Discorsi che sono pane quotidiano per Franco Bianco. “Qui ci sono i resti storici cinquecenteschi, ai confini tra gli agri di Latiano, Torre Santa Susanna e Mesagne. Più in là c’erano le masserie di Bellamaria e Quercia di Latiano: autentici tesori distrutti. Nell’arco di qualche anno sono scomparse numerose masserie. Tra queste la masseria Buffi, un fabbricato molto interessante; sono strutture particolari del tardo medioevo con cisterne di epoca romana dove conservavano le derrate alimentari. Dobbiamo riappropriarci della cultura dei nostri avi attraverso le ruralità che sono rimaste e che non possiamo lasciarci sfuggire. Ruralità e città vanno coniugate all’unisono, c’è un legame imprescindibile, ci sono lacci e legami che ci uniscono da millenni”.
Conclude: “La piana brindisina e in particolare quella mesagnese non ha eguali. Qui porto tanti amici del nord che restano strabiliati. Noi, invece, li trascuriamo e non capiamo che potrebbero essere fonte di ricchezza. Bisogna penetrare queste cose, non guardarle superficialmente. Ci sono muri del 500 costruiti con grossi massi di carparo delle nostre mesagnesi. Queste masserie furono costruite da manovalanza mesagnese. Sono vero e propri villaggi con la cappella del 500 con grandi muri del 700. Vi era la macchia mediterranea che oggi non esiste più. Possiamo continuare a ignorare questa nostra ricchezza?. Nella foto Franco Bianco dinanzi alle lastre di amianto.