I miti greci coglievano al meglio la realtà
e ne conoscevano le sue essenzialità.
Il mito di Narciso – come a me pare-
è una poetica testimonianza esemplare.
Narciso era un cacciatore di divina bellezza
anche se trattava le donne con crudezza.
Narciso perdutamente di se stesso si innamorò;
baciando l’immagine dal fiume riflessa, affogò.
Il mondo purtroppo è pieno di stupidi Narcisi,
anche se alla maggior parte della gente invisi.
Il Narciso è chiuso in se stesso,
sempre come ieri e come adesso.
Si ammira al massimo; si apprezza;
superbamente tutti gli altri disprezza.
Il suo io si espande, si ingrandisce;
la sua megalomania tutti stupisce.
Non comunica, è monade solitaria;
l’affermazione su tutti per lui è primaria.
La sua cultura professionale strumentalizza;
se viene contrastato, malamente si stizza.
Come è accaduto per eccesso di megalomania,
chi, noncurante del bene della democrazia,
da cinico attempato, superbo e tetro
non ha voluto fare un passo indietro
per permettere di uscire dalla crisi del Paese
che si è trascinata per più di un mese.
Invece il proprio io matura e cresce,
se dialogando con gli altri riesce.
Si è detto e non a tutti i torti
che l’umiltà è la dote dei forti.
Questi Narcisi, del bene comune menefreghisti,
bisogna trattarli come poveri cristi.
Pasquino, luglio 2018
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