Nichi Vendola ama Mesagne; ed è corrisposto. Prima di entrare nell’auditorium il Presidente abbraccia il sindaco Franco Scoditti. “Non ci ha ascoltati”. “Tranquilli – risponde – voi siete un’altra cosa”. Il riferimento è all’on. Toni Matarrelli. “Io ho sempre voluto bene a questa città”, aggiunge Vendola. “Anche noi le vogliamo bene e continueremo a volergliene”. “Lo so, lo so. Prima di arrivare a Brindisi mi hanno proposto diverse città. Quando mi hanno detto che potevo stare a Mesagne non ho avuto dubbi. A Mesagne vengo sempre di corsa. Qui sono stato anche nei momenti più difficili”. Il riferimento è quando la città si strinse attorno alla bara di Melissa Bassi.
Nonostante il torrido pomeriggio e l’ora che invita alla pennichella, l’auditorium del castello è pieno di gente, degli amici di sempre. Con Vendola ci sono il sen. Dario Stefàno e l’assessore regionale Leo Caroli, candidato al Consiglio regionale. Ma, ancora prima di incontrare i mesagnesi, accompagnato da Maria De Guido, Vendola ha voluto fare una passeggiata nel centro storico, andare a Lab Creation, caffè letterario riconvertito con finanziamenti regionali. “E’ una bella realtà che bisogna saper tenere e potenziare anche quando non ci saranno più risorse regionali. Questo è l’esempio di quante cose buone abbiamo fatto in dieci anni di governo alla Regione”, dice con malcelata soddisfazione.
Poi l’immersione tra i suoi amici non prima di aver concesso una intervista telefonica a Repubblica ed ai cronisti di Mesagnesera e QuiMesagne.
D. Cosa bisogna fare perché la Sinistra italiana torni unita.
R.Intanto separarsi dalle cose di destra. Azzerare i diritti sociali è di destra, colpire al cuore la scuola pubblica è di destra, immaginare un sistema elettorale che è ispirato dalla logica di un uomo solo al comando è di destra.
D. Qual è la ragione sociale della sinistra.
R. Credo che oggi sia innanzitutto la lotta contro la povertà e la precarietà non solo del lavoro ma della vita. Penso che la missione fondamentale della sinistra sia custodire le cose più preziose che le vecchie generazioni ci hanno lasciato in eredità. Contemporaneamente bisogna schiudere le porte del futuro in termini di innovazione dal punto di vista della conversione ecologica dell’economia, dal punto di vista della valorizzazione del talento, di un uso delle conquiste della tecnologia come strumenti che abbattano le barriere sociali architettoniche culturali.
D. Cosa è successo all’ospedale di Mesagne. Perché quelle promesse fatte nella sua prima campagna elettorale sono state poi disattese. Oggi è solo un cronicario.
R. Siamo inciampati nel Piano di rientro che il governo Berlusconi ci ha imposto come una tagliola. Un Piano non dovuto a sbilanci della sanità ma alla violazione del patto di stabilità, con regole punitive decise dopo che noi avevamo violato il Patto di stabilità. Questo ci ha messi in una condizione drammatica, sapendo che è importante trasformare i piccoli presidi ospedalieri che rischiano di essere strutture inappropriate, incapaci di dare buona salute ai cittadini in servizi socio-assistenziali del territorio. Abbiamo bisogno di organizzare l’offerta ospedaliera su grandi poli di area vasta serviti di tutto con equipe adeguate. Per non mettere a repentaglio la vita dei cittadini. Bisogna rendere più moderno il sistema sanitario. Noi abbiamo trovato perché ci siamo trovati di fronte ad una sanità vetusta, avevamo Tac vecchie di 30 anni quasi dappertutto. Abbiamo modernizzato il parco infrastrutturale di tutta la sanità pugliese. Abbiamo provato a mettere a norma le sale operatorie e di degenza. Abbiamo affrontato grandi sfide ed abbiamo anche investito nei servizi territoriali che fanno fatica a partire per una ragione: se non ci consentono di corrispondere alla domanda di personale, abbiamo una carenza storica di organici che sono frutto anche delle scelte fatte dai governi di centrodestra che hanno pensato di risanare i bilanci della sanità bloccando il normale turn over del personale in ospedale. Poi ci siamo trovati con il blocco del turn over del governo.
D. Quindi non deve delle scuse alla città di Mesagne.
R. No perché abbiamo operatore sempre nel rispetto di tutti i territori sapendo che dovevano dare buona salute ai cittadini.
D. E’ andato mai al Pronto soccorso dell’ospedale Perrino?
R. Lì ci sono molti problemi che sono anche il frutto di un eccesso di affarismo e malavita che ha danzato attorno al Perrino e che il management di quella Asl ha combattuto. Altri se ne sono stati zitti mentre noi proteggevamo chi faceva battaglie di moralizzazione e di moralità.
D. E’ la prima volta che viene a Mesagne e non viene accolto l’on. Toni Matarrelli.
R. Sarebbe improprio da parte sua ricevermi. E’ successo che il suo cuore ha cominciato a battere altre strade. Come dice la scrittrice: va dove ti porta il cuore.
D. Eppure era un vendoliano doc.
R. Evidentemente non lo era.
D. Matarrelli dice che Sel è cambiato. In cosa siete cambiati.
R. Lui credo che abbia votato l’Italicum e che abbia votato anche la fiducia al governo. Vuol dire che non è cambiato Sel, è cambiato Matarrelli.