Ieri il capo della Dda di Lecce Cataldo Motta, nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato il comandante provinciale dei carabinieri, Andrea Paris, il comandante del Reparto operativo dell’Arma, Alessandro Colella e Pm, le famiglie malavitose della Scu hanno passato la gestione degli affari illeciti alle terze generazioni, ai nipoti. I capi storici hanno bisogno di persone fidate per condurre gli affari dal carcere.
I clan della Scu sono due: i “tuturanesi” guidati da Rogoli, Buccarella e Campana e i “mesagnesi” capeggiati da Vitale, Pasimeni e Vicientino. In realtà le due fazioni hanno fatto corpo unico e fanno sempre a meno della violenza. L’ultimo colpo inferto alla Sacra Corona Unita l’altro ieri quando 12 persone sono state raggiunte da un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del tribunale di Lecce Antonia Martallò, su richiesta del pm della Dda Alberto Santacatterina e Marco D’Agostino.
Gli arrestati, tre dei quali già in carcere, sono di due nuclei famigliari: 6 della famiglia Ostuni di Brindisi. Essi sono Angelo Ostuni, 66 anni, la moglie Maddalena Micielli, 69 anni, Antonio Ostuni (già detenuto), 46 anni, figlio di Angelo e Maddalena; Teodoro Ostuni, 63 anni, fratello di Angelo; Cristian Ostuni, 26 anni, figlio di Antonio.
Della famiglia Gravina di Mesagne: Raffaele Gravina (già detenuto), 41 anni, sua moglie Pia Romano, 45 anni e suo figlio Gianpaolo, 23 anni. Poi Alessandro Campana, 39 anni, residente a Torre S. Susanna, fratello di Francesco Campana; Damiano Bello, 31 anni, di Mesagne; Francesco Lazzaro (già detenuto), alias “bellu bellu, Checco o lu biondu, 32 anni”, di Brindisi; Diego Guttagliere, alias “Diegolino”, 38 anni, di Brindisi.
Tutti gli indagati sono accusati di associazione a delinquere di tipo mafioso e cessione di sostanze stupefacenti. A Gianpaolo Gravina è stato contestato anche contrabbando di sigarette.
In evidenza il ruolo di primo piano che hanno assunto le donne. In occasione di un colloquio in carcere, Raffaele Gravina ordina alla moglie di organizzare gli affiliati per reperire soldi per finanziare le attività illecite come lo spaccio di droga e il contrabbando di sigarette.
“La Scu – ha detto ieri in conferenza stampa Cataldo Motta – ha cambiato strategia. Basta con gli omicidi, c’è bisogno di accordo tra i clan e di consenso sociale per continuare a comandare la malavita locale. Queste associazioni si sono radicate nel territorio ed hanno capito che per sopravvivere c’è bisogno di andare d’accordo, di raggiungere un’intesa e di non farsi più la guerra. Ecco perché non si può abbassare la guardia ma si deve mantenere alta l’attenzione.