Il 2013 inizia fra qualche giorno nel segno dei rincari che comporterà una spesa aggiuntiva di quasi 1500 euro secondo le associazioni dei consumatori. Una roadmap iniziale che fotografa tutti i riferimenti degli indicatori negativi negli ultimi anni in forte ascesa. Una situazione di criticità che attanaglia imprese e famiglie di lavoratori e pensionati. In Italia abbiamo un debito che è passato dal 118.4% nel 2011 al 146% del Pil nel 2012. La disoccupazione negli ultimi due anni ha raggiunto 2.6 milioni di persone e la platea dei giovani tra i 15 e 34 anni in cerca di lavoro di occupazione si attesta a 1.4 milioni. Un mercato del lavoro in discesa dovuto a una crisi acuta del sistema produttivo che è sostenuto dalla cassa integrazione e dall’assistenza. Lo Stato, invece di ridurre le tasse sulle famiglie e sui pensionati, aumenterà la tariffa rifiuti ad aprile del 2013 del 25%, pari a 64 euro in più a famiglia, i generi alimentari del +5%, l’assicurazione auto (+5%), le tariffe aeroportuali oltre alle bollette di luce e gas, francobolli, servizi bancari, carburanti e il canone Rai, anche se in modo contenuto. In sintesi un salasso che mortificherà ancora di più gli anziani, le famiglie, gli ammalati e le persone non autosufficienti. Il risultato finale sarà, secondo la Uil pensionati provinciale di Brindisi, una stangata da 1500 euro a famiglia e che si aggiungerà alla situazione del lavoro preoccupante del 2011 e drammatico del 2012. Negli ultimi anni i guasti sono visibili a tutti dovuti alla cattiva politica che ha causato la chiusura delle aziende, evasione fiscale e all’aumento delle imposte, mentre cresceva la povertà nelle famiglie, di cui una su tre di esse vive in povertà relativa e una su quattro vive in povertà assoluta. Secondo il rapporto annuale di Bankitalia sulla ricchezza il 10% delle famiglie più ricche d’Italia detiene quasi la metà (il 45.9%%) della ricchezza privata. Mentre la metà dei nuclei più poveri, che sono il 2.8%, vive in profondo rosso, e cioè ha una “ricchezza netta negativa”. In casi come questi neanche il possesso di una casa riesce a compensare lo stato d’indigenza. La forbice della disuguaglianza sociale si è, quindi, allargata. Abbiamo una crisi nella crisi. Nel Mezzogiorno, riferiscono i dati statistici, il rischio di povertà o di esclusione sociale supera la media nazionale di circa 15 punti percentuali (39.5% contro 24.6%) ed è più del doppio rispetto al valore del Nord (15.1%); inoltre è maggiore fra le famiglie con tre o più figli (37.1) e fra quelle monogenitore (35.7%). Tragica è la situazione dei pensionati: quasi uno su due – il 47,5%, ha un reddito inferiore a mille euro e il 75% di quasi 16 milioni 669 mila pensionati percepisce pensioni di tipo invalidità, vecchiaia e superstiti (IVS). La povertà relativa permane fra gli anziani in termini economici, dove è povero il 24.9% degli anziani mentre il 7.4% assolutamente povero. La non autosufficienza e l’impossibilità di pagare le spese mediche rappresentano la prima paura degli italiani. Il 32.1% delle famiglie nel 2009 si è trovato in gravi situazioni di disagio che va dalla necessità di assistere malati terminali o portatori di Handicap alla perdita di reddito di un congiunto. Disagi affrontati dalle famiglie in totale autonomia (59%) o con il sostegno di amici o parenti (28%), ma comunque in assenza o con scarso apporto del sistema di welfare, ridotto del 30% nel 2011 e del 20% nel 2012. E questa sensazione di solitudine si ripercuote sui timori dichiarati dai cittadini; in primis la non autosufficienza (85.7%) e l’impossibilità di sostenere le spese mediche (82.5%), e solo in seconda battuta la criminalità (77.7%) e la disoccupazione (75.1%). Per questo si chiede un Welfare più efficiente e modulato sui nuovi bisogni di protezione. Le famiglie, pur restando ineguagliati, hanno una situazione di povertà senza precedenti e che non sembra consentire indugi, se si aggiunge che la tutela è affidata alla povera pensione degli anziani, che grazie a Dio vivono statisticamente fino a 85 anni. Com’è possibile, però, in tempo di recessione acuta pagare gli alimenti e i farmaci se i giovani sono disoccupati o inoccupati? Perché non si scava sui contenuti? Perché le imprese per creare produttività e competitività non pensano a nuove forme di finanziamenti oltre a quelle bancarie? Perché sono in crescita gli interessi sui prestiti pagati dalla clientela, soprattutto nelle regioni del centro e in quelle meridionali si continua a pagare di più rispetto alla media italiana, di un punto e mezzo? Perché il governo non riduce le tasse in modo significativo e progressivo facendo aumentare i consumi interni e la competitività delle imprese perché per crescere, non bisogna tagliare ma investire? Perché la Legge di Stabilità non contiene scelte per invertire la situazione di crisi e aumentando nuovi tagli al Fondo Sanitario nazionale ha determinato per la prima volta la non sottoscrizione per il “Patto per la salute”? La fine del mondo non è avvenuta il 21 dicembre del 2012, nonostante l’avessero pronosticato i Maya. Occorre, quindi, ridare fiducia ai cittadini e respiro alle loro tasche rimettendo in moto la crescita economica e tutelando la salute, l’ambiente e l’occupazione, ma c’è anche l’urgenza di costruire una buona politica più vicina ai problemi concreti dei cittadini, ai bisogni delle persone non autosufficienti e agli anziani, un tempo giovani, che hanno dato dignità e onore all’Italia dopo la guerra e oggi, giustamente, chiedono rispetto del loro vissuto e dicono che ormai “il tempo è scaduto” ed è necessario impegno e senso di responsabilità .
Il Segretario Provinciale Tindaro Giunta (nella foto)