Secondo la Uil pensionati provinciale di Brindisi l’impegno da parte del governo nazionale e regionale deve essere progressivo sul welfare, sulla previdenza, sanità a beneficio delle categorie più fragili e degli incapienti: anziani, disabili, persone non autosufficienti e ammalati,surrogati da imposte fiscali, che non possono né curarsi né alimentarsi con cibi di qualità.
Sono state più di cento le associazioni a difesa dei disabili che il 31 luglio2013 in Piazza Montecitorio hanno aderito alla protesta contro il nuovo Isee, la riforma prevede che vengano inserite nel reddito le prestazioni assistenziali.
Sappiamo che il problema non tocca la top ten di pensionati d’oro: in testa Sentinelli con 91.337,18 euro lordo al mese per arrivare ad Alberto De Petris e a Germano Fanelli e non esclude i 900 mila italiani pensionati privilegiati che percepiscono non una pensione d’oro ma superiore ai tre mila euro mensile.
La domanda per il sindacato è nel perché esista una forbice tra pensioni d’oro, privilegiati e da fame con una pensione netta inferiore tra i mille e i 500 euro? La nostra risposta è nel rilevare che, (non per chi prende tre mila euro, la quale non è una pensione d’oro ma privilegiata), occorra – ed è inevitabile – evitare un conflitto generazionale tra i vecchi – ricchi e privilegiati – i giovani inoccupati, senza lavoro, incerti e insicuri di un futuro previdenziale e persone disabili, invalidi e non autosufficienti, bisognosi di cura e di assistenza sociosanitaria.
Dal rapporto Istat nel 2012 l’incidenza di povertà relativa in Puglia è stata pari al 28,2%, cioè di circa due punti percentuali superiore all’incidenza del Mezzogiorno, ma ben 5,5 punti percentuali superiore rispetto all’incidenza registrata per la Puglia nell’anno precedente.
Gli effetti della crisi economica e finanziaria che ha colpito il Paese e, in modo più violento, anche per la Puglia tra il 2011 e il 2012 hanno coinvolto grandi imprese e intere aree produttive e l’incrementato ricorso agli ammortizzatori sociali ha inciso sul reddito disponibile delle famiglie e sulle condizioni di povertà relative delle stesse.
Una risposta potrebbe essere nell’accesso da parte dei cittadini al sistema pubblico integrato dei servizi e degli interventi sociali e sociosanitari: sicuramente un contributo accessibile e in maniera sostanziale al contrasto delle diverse forme di povertà e di esclusione per sostenere le famiglie in periodi di particolare difficoltà. Un buon livello di disponibilità e di efficienza dei servizi pubblici può contenere notevolmente gli effetti delle disuguaglianze da reddito e da ricchezza, agendo, di fatto, da elemento di redistribuzione delle risorse nazionali, regionali e locali per essere riferimento sostanziale e importante, (in questa logica di tipo socio assistenziale e socio- sanitario dei territori), all’accessibilità e all’efficacia nella capacità di rispondere ai bisogni delle collettività.
Riteniamo infatti, irrispettoso il fatto che tutti coloro i quali percepiscono pensioni, indennità e assegni riservati agli invalidi civili, ciechi, sordi, vedranno gonfiarsi artificiosamente il proprio reddito e che la misura predisposta per porre rimedio a questo peso iniquo sia l’adozione di accorgimenti, considerati come reddito che lo Stato eroga come forma di indennizzo e non di ricchezza.
Occorre di conseguenza, che il Governo escluda dal campo di applicazione del nuovo Isee le prestazioni assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario e valuti l’opportunità di prevedere per le persone disabili e non autosufficienti, un trattamento più consono e più favorevole e in maniera equitativa prevedendo uno specifico intervento per le famiglie con figli disabili e per i casi di poli-disabilità.
In questa propensione si focalizza la nostra attenzione sui servizi di cura del benessere per le persone, erogati a domicilio, in particolare l’assistenza domiciliare integrata (ADI) alle persone con 65 anni e più, agli invalidi e alle persone non autosufficienti. Si osserva che il servizio fa rilevare un trend in aumento dal 2004 e che conferma la stessa dinamica degli altri servizi analizzati con il Nord che riesce a prendere in carico 5 anziani su 100, mentre il Centro che nel 2010 ne eroga il 3,9% e il Mezzogiorno riesce a offrire soltanto al 2,3% delle persone con più di 65 anni.
La Puglia nel 2010, dai dati ufficiali, si colloca al di sotto sia del dato nazionale (-2,3%) sia di quello sia si riferisce al Mezzogiorno (-0,5%).
L’impegno del governo pugliese dovrebbe essere in un cambiamento radicale verso politiche sociosanitarie a beneficio dei soggetti più fragili; il governo Letta, invece nel nuovo programma delle riforme, dovrebbe ridefinire il Patto di Stabilità, rivedendo nei nuovi parametri le dinamiche concernenti, le imposte fiscali, al gettito IMU 2012, ma anche al fondo di solidarietà 2013 e alla spending review, oltre che al nuovo patto istituzionale dei Comuni, delle Province e delle città metropolitane.
La speranza è che l’autunno politico non sia più caldo di quello previsto, pensando solo agli sprechi verso le città metropolitane, invece di sostenere i servizi verso i cittadini, le città e i comuni, perché sono loro che hanno bisogno di aiuto e la crisi, purtroppo, si sta accumulando come una vera tempesta, di fronte al rischio di tagliare gli asili o i servizi sociali.
Per far ripartire la regione Lombarda, una delle regioni più ricche al mondo, occorre mettere a disposizione dei cittadini e delle imprese, secondo il governatore Maroni, 2 miliardi di euro sbloccando cosi i cantieri edili e rimettendo in moto l’edilizia. E per la regione Puglia, quanto occorre? E per la provincia di Brindisi?
Avviare un nuovo modello di welfare che metta a disposizione risorse ed occupazione a favore delle famiglie, fondi da destinare agli Enti Locali, è indispensabile per pagare i fornitori e finanziare nuovi investimenti e a sostegno anche degli agricoltori pugliesi attraverso i contributi europei (Pac). Nella foto Tindaro Giunta, segretario provinciale della Uil pensionati