Rita e Massimo Bassi, i genitori di Melissa, non lo hanno mai guardato in faccia. Giovanni Vantaggiato è rinchiuso nella gabbia. Sembra un uomo fuori di sé: è dimagrito, stanco. Fa fatica quasi a stare in piedi. Non ascolta il presidente della Corte, Domenico Cucchiara, che gli chiede se vuole acconsentire alle riprese fotografiche e televisive. In aula, dove ci sono le vittime del feroce attentato Azzura, Selene e Sabrina, il silenzio è assordante. “La mia impressione è che sia tutto artefatto. Si costituisce uno stato di mente tale da poter chiedere l’infermità mentale”, dice Cataldo Motta, Procuratore della Repubblica di Lecce, nella veste di procuratore distrettuale antimafia. L’obiettivo è evidente: Vantaggiato punta ad ottenere il riconoscimento dell’infermità mentale. Il manicomio è sempre meglio del carcere. L’avvocato Franco Orlando ha chiesto di acquisire agli atti la perizia effettuata dal medico legale Alberto Tortorella. A quel punto in aula si è levato il disappunto delle parti civili e delle parti lese. Il pm Guglielmo Cataldi ha dichiarato la propria opposizione a tale richiesta.
Contraria la pubblica accusa alla richiesta del Comune di Mesagne di costituirsi parte civile per il danno di immagine alla città.
L’accusa nei prossimi giorni chiamerà a testimoniare circa 70 persone: le studentesse sopravvissute, i collaboratori scolastici e gli abitanti del quartiere dove è ubicata la scuola professionale Morvillo, esponenti delle Forze dell’Ordine, la signora Giuseppina Marchello, moglie di Vantaggiato, un dipendente della sua ditta ed i familiari di Cosimo Parato. La Corte d’Assise ha fissato la prossima udienza per le ore 9,30 di giovedì 24 gennaio. Nella foto Vantaggiato scende dal cellulare che lo ha portato in tribunale.