Il sindaco Franco Scoditti (nella foto) domani consegnerà al segretario generale del Comune, dott. Mauro Tamburrano le sue dimissioni da primo cittadino. Poi avrà 20 giorni di tempo se confermarle o, eventualmente, ritirarle e proseguire nel mandato che Mesagne gli diede nel marzo del 2010 quando ottenne 10.763 preferenze (60,80%), doppiando il candidato del centrodestra.
La storia si ripete. Nel 2001 al sindaco Damiano Franco non fu sufficiente un risultato bulgaro del 76% per completare la legislatura e fu mandato a casa dalla sua stessa coalizione. Il gioco al massacro continua.
Per il sindaco Scoditti quella dimissioni era una strada obbligata, l’unica che poteva prendere per difendere la sua dignità calpestata dopo i pesci in faccia ricevuti nei giorni scorsi nel suo partito dove è prevalso lo spirito distruttivo di quanti non hanno mai digerito che a rappresentare il Pd fosse un ex democristiano di sinistra.
Scoditti non proviene da Pci, Pds, Ds: questo il suo peccato originale. Dimenticando, però, che gli ultimi due candidati di radice “comunista” erano sempre stati battuti dal centrodestra; e che il centrosinistra negli ultimi 15 anni per tornare al governo della città ha sempre avuto bisogno di prendere in “prestito” prima Mario Sconosciuto e poi Franco Scoditti.
Ma torniamo alle dimissioni del Sindaco.
Franco Scoditti non sopportava più il gioco al massacro cui era puntualmente sottoposto da alcuni componenti del suo partito. Ha cercato di prendere tempo nella speranza che arrivasse una tregua. Ma le dimissioni prima di Faggiano e poi di Montanaro hanno fatto precipitare gli eventi.
Il congedo di Cosimo Faggiano, già sindaco e parlamentare del Pd, dimessosi in palese disaccordo con il partito nel quale era stato messo in minoranza dal suo ex delfino, Vincenzo Montanaro, e poi dal compagno di mille battaglie, Damiano Franco. “Sin quando si formeranno classi dirigenti di partito con gente che non ha appartenenza non andremo molto lontani”. Stanco di sentirsi tirare la giacca, si dimise. Al suo posto, manco a dirlo, subentrò Montanaro che subito dopo le ultime elezioni politiche dello scorso febbraio rassegnò le dimissioni. Disse per motivi personali ma poi, con un duro comunicato stampa attaccò il Sindaco sia dal punto di vista politico che personale.
La richiesta di verifica era nell’aria. Proposta del Pd: l’azzeramento totale dell’esecutivo, sapendo che non sarebbe mai stato accettato dai partner di governo.
Già i partner. Tutti utili per governare le istituzioni, ma sempre detestati. Anzi odiati. Chi ha dimenticato gli attacchi a Ferrarese, fruttuoso per far vincere il centrosinistra alla Provincia, da parte del capogruppo del Pd alla Provincia, Damiano Franco. E poi quel “maledetto” di Matarrelli prima eletto al Consiglio regionale al posto di Vincenzo Montanaro e poi “addirittura” alla Camera dei Deputati. E che dire di Francesco Mingolla, di estrazione socialista, già Presidente del Consiglio comunale e vice presidente alla Provincia, che ha dovuto sloggiare dal partito dove non viene più nemmeno convocato per le riunioni. Qui non c’è posto per nessuna mutazione genetica. Ma l’elemento fondante del Pd non era la cultura cattolico democratica e Popolare?
Questi gli ingredienti che hanno trasformato il Pd mesagnese in una maionese impazzita.
Caduta su una buccia di banana l’amministrazione Incalza di il centrodestra, c’era bisogno di un Pd di unità e di compattezza per rinverdire gli anni “storici” di Faggiano e Franco.
Il legittimo, motivato e giustificabile intendimento del Pd di ristabilire un più proficuo rapporto tra il Palazzo e la Città è stato offuscato dal caos che regna nel partito scaduto giovedì scorso in rissa, parolacce, insulti e minacce di querele.
Ecco perché Scoditti ha deciso di togliere il disturbo. “Non sarò io l’ostacolo – ha detto -. L’idea di fare un altro esecutivo ex novo era impraticabile per la netta opposizione dei partiti della coalizione. Ma per dirla tutta anche io la ritenevo sbagliata”.
Uno Scoditti irritato per le dure bordate ricevute dai suoi compagni di partito. “Se non cambiamo rischiamo di riconsegnare Mesagne al centrodestra. In tre anni abbiamo lavorato ed agito con abnegazione e senso di responsabilità ponendo la trasparenza come priorità del nostro percorso amministrativo. Nessuno può permettersi di pensare che non ci sia stata trasparenza negli atti amministrativi. Lasciamo dopo tanto lavoro fatto proprio nel momento in cui avremmo raccolto i frutti di tanto impegno”.
Non solo. Un eventuale commissariamento del Comune rischia di produrre quegli effetti devastanti già avuti nel recente passato: aumento dei ticket e, come è successo in Provincia, aumento di Imu, Tarsu, ecc.
Intanto domani dovrebbe essere convocata la conferenza dei capigruppo per decidere il rinvio del Consiglio comunale programmato per martedì 16 aprile.