Domenica sera don Angelo Galeone ha benedetto la ristrutturata Masseria Viscigli ufficialmente riaperta dopo circa quattro anni di studi e di lavori. Il progetto di recupero, approvato dalla Sovrintendenza, è stato redatto dallo studio tecnico Luigi e Millo Giorgino che si è avvalso dell’esperienza della ditta CEA Construction srl di Annachiara Contessa, specializzata in opere di recupero. All’inaugurazione era presente Damiano Franco, presidente del Gal che ha sostenuto lo sforzo finanziario per il recupero dell’antico manufatto. La masseria di proprietà di Angelo Rubino, in questa fase sarà utilizzata esclusivamente nel settore della ristorazione.
Il toponimo “Viscigli” deriva da una varietà di quercia che anticamente a Mesagne veniva chamata “viscigghiu”. Questo bellissimo esempio di architettura neo classica, fa parte di un’azienda agricola (vigneti tendone e spalliera, oliveto e seminativo) di circa 30 ettari sita in agro di Mesagne, a circa 3 Km dal paese, sulla strada per Torre S. Susanna. Oltre alla masseria fanno parte del complesso aziendale altri fabbricati che, al momento, non sono stati oggetto di interventi di recupero. Le prime tracce documentate di questo significativo esempio di masseria agro-pastorale con villa padronale, risalgano al catasto onciario di Mesagne del 1590. Nel 1867 fu di proprietà del canonico con Francesco Parisi ed era composta da case, corti, capanne, giardino e tre pozzi. Nei primi anni del XX secolo il proprietario Giovanni Profilo, uomo di cultura e sindaco di Mesagne, la volle come luogo di villeggiatura per cui aggiunse una casina facendo subire alla masseria una radicale trasformazione. L’ultima costruzione si presume sia stata terminata nel 1914.
“E’ un bellissimo esempio di architettura neo classica, caratterizzata da linee semplici e simmetriche – ha dichiarato l’ing. Luigi Giorgino -. Le facciate sono semplicemente bugnate all’esterno mentre all’interno sono a vista trattate con intonachi dell’epoca. Di lato c’è una torre colombaia con scala interna per accedere anche alle coperture della villa che dà alla struttura un importante aspetto nella sua semplicità. Completa l’abbellimento architettonico una fascia ornamentale costituita da cornici e pannelli ripetitivi a basso rilievo, con fregi scolpiti e rappresentanti prodotti della terra. Al’interno di alcune stanze i caminetti, tutti sormontati da frontali ispirati sempre al nuovo neoclassicismo. Tutto ciò fa pensare alla ricercata eleganza dei proprietari che avevano fornito la villa di ogni comodità”. La masseria è circondata da ampi piazzali in terra battuta, mentre un fitto bosco costituito da pini, querce e macchia mediterranea costituisce un arredo naturale di notevole valore ambientale.
Sembra che durante la seconda guerra mondiale l’intero complesso fu requisito dagli alleati e adibito a comando delle truppe inglesi che, purtroppo, usarono ed abusarono delle costruzioni, lasciandole in un grave stato di disordine e di trascuratezza al punto che la famiglia Profilo, quando ne tornò in possesso, non volle mai più tornarci a trascorrere le vacanze estive.
“Il complesso edilizio è a forma di quadrilatero, presenta la tipica impostazione “a corte chiusa”, completamente recintata da un muro di media altezza e dai fabbricati dai fabbricati destinati, all’epoca, ad abitazione del massaro e alla produzione di prodotti caseari, al ricovero degli animali e di attrezzi agricoli” ha aggiunto l’ing. Giorgino. Durante il periodo in cui fu abbandonata la masseria subì numerosi furti: una meridiana posta in alto sulla facciata est della villa con scritta sottostante in latino: “quota sit hora petis dum petis ipsa fugit”, bassorilievi scritte in latino e greco, e furono trafugati due medaglioni raffiguranti altrettanti filosofi greci della scuola filosofica epicurea con scritte acatepsia e apoxè. Tra le decorazioni più interessanti alcune frasi latine e greche. La più caratteristica è quella posta sul portale d’ingresso che recita: Domus patet dominus latet che trascritta cita: la casa è aperta, il padrone è nascosto. Un’altra frase in latino: “quota sit hora petis dum petis ipsa fugit”, che può tradursi in: “tu che chiedi che ora è, ma mentre che (tu) la chiedi (essa) è già fuggita”.
Solo nel 2000 la proprietà passò ad Angelo Rubino che negli ultimi quattro anni, assieme alla signora Antonia e alla figlia Alessandra, ha dato il via al recupero che ha richiesto un notevole impiego di risorse. Per recuperare l’intero complesso, si procederà per gradi. Per il momento è stato recuperato il fabbricato di maggior pregio. Quella che nel 1753 veniva descritta con 98 tomoli di terra, giardinetto ed aparo, oggi sarà un altro particolare ed esclusivo punto di ristoro della sempre più apprezzata gastronomia mesagnese.