Il fenomeno è antico. Oggi, con la crisi, pesa maledettamente. I parrucchieri ed i titolari di saloni di estetista per signora non sono più disposti a chiudere un occhio e passano al contrattacco. E denunciano. “Molte, troppe sono le ragazze che prive di qualsiasi professionalità girano in città per servire a domicilio le signore”, dicono.
L’arte di arrangiarsi è stato sempre, soprattutto al Sud, una regola di vita. Per sbarcare il lunario. Per vivere. Una cultura che non riguarda solo le apprendiste estetiste e parrucchiere, ma tutti. Oggi con il bisogno che c’è di lavorare, il fenomeno rischia di implodere. Non è facile aprire un salone e mettersi in regola: per iniziare c’è bisogno di capitali. Poi, come se non fosse sufficiente, ci si mette la burocrazia e la normativa lunga, costosa, farraginosa. E, allora, che fare? Arrangiarsi. “Ma non è giusto quello che fanno in quanto evadono, sottraggono lavoro a noi che paghiamo tutto, anche l’aria che respiriamo e rischiamo di chiudere”.
I parrucchieri e le estetiste non si sentono protetti. Non hanno più garanzie, non hanno diritti ma solo doveri. “Ogni mattina quando apriamo le nostre attività avviate con enormi sacrifici le spese e le tasse ci sovrastano. Una collaboratrice tra oneri diretti e riflessi ci costa un patrimonio. Per essere in regola siamo costretti a fare salti mortali ma molte signore preferiscono servirsi di queste ragazze. Così non possiamo più andare avanti”. E si sono riuniti per affrontare un problema che – ritengono – non è più sostenibile.
In città sono attivi circa 25 negozi di parrucchiere per donna e una quindicina di estetiste. Delle ragazze che girano per le abitazioni non c’è un numero. Molte di loro frequentano le scuole per parrucchiere ed estetiste nel pomeriggio lavorano a nero applicando prezzi stracciati e nettamente concorrenziali. Si arrangiano sia loro che le clienti. E’ stato sempre così: e non solo in questo settore.
Il fenomeno è stato ampliato dalla crisi. Dicono: “La clientela si è assottigliata per cui siamo costretti a licenziare personale che per lavorare gira per le case applicando tariffe stracciate”. Una guerra tra poveri. La solita. Il rischio è che non ci sia una soluzione. Come fare? Si salvi chi può in questa giungla. “Il loro guadagno è pulito – sostengono i titolari di saloni -. Non hanno tasse da pagare, salone da mettere in piedi, fitto del locale, corrente elettrica, Tarsu, ecc. La mattina quando apriamo non sappiamo nemmeno se lavoriamo. La Finanza e gli Ispettori del lavoro non ci fanno stare tranquilli, ci tartassano. Quando apri il negozio c’è da farsi il segno della croce perché potremmo anche avere visite sgradite, la sera lavoriamo con la preoccupazione che possa arrivare da un momento all’altro un balordo”.
“Le ragazze – concludono – non possono dare la qualità del servizio e, invece di prendere il doppio perché vanno a casa in orario comodo per la cliente, si accontentano di pochi euro, a nero perché non pagano le tasse. Noi abbiamo creato il certificato di qualità, un marchio che garantisce la pulizia l’igiene la professionalità che non danno quelle ragazze. Noi siamo una garanzia per la cliente. Spesso a casa si lavora con prodotti di scarsa qualità, provocano allergie mentre noi per ogni cliente facciamo le prove allergiche per evitare anche gravi problemi di salute quando si lavora con prodotti chimici”.